martedì 27 novembre 2012

Top 5: Samuel L. Jackson


Torna oggi la Top5 sulle migliori, secondo me, interpretazioni di alcuni attori (e attrici.in futuro.forse).
Nell’ultima occasione avevo passato in rassegna cinque ruoli della carriera di Nicolas Cage per rivalutarne parzialmente e nel nostro piccolo l’immagine di attore incapace. Questa volta il soggetto è invece un attore con una reputazione sicuramente migliore e che, soprattutto nel corso degli anni ’90, ha partecipato a numerosi film, di cui alcuni indimenticabili: Samuel L. Jackson.


I più giovini forse si ricorderanno di lui per film come (te la prendo in prestito Troy McClure) “The Avengers” e gli altri film supereroistici Marvel in cui compariva brevemente nelle vesti di Nick Fury, capo dello S.H.I.E.L.D.
Perché il Nick Fury cartaceo bianco ed altrettanto diversamente vedente non era abbastanza politically correct, quindi ci sono andati di restyling come per Kingpin nel film di Daredevil (anche se lì si trattava di un boss criminale, ma lasciamo stare …)
Oppure come il maestro jedi Mace Windu, con la sua spada laser funerea, nella Nuova Trilogia di Star Wars. “Nuova” per adesso perché, con il capitolo VII e relativo trittico di film in lavorazione, andrà a fare la fine del continente “nuovo mondo” americano quando hanno scoperto l’Australia. Già me li vedo i discorsi tra un decennio: “Ehi cosa ne pensi della nuova trilogia? Per me quella classica rimane il top, però è meglio di quella di mezzo” o il neofita che su un forum scrive “Ragazzi non ho mai visto un film di SW. In quale ordine devo guardarmi i 9 film?” “Che domande... sono da vedere come sono usciti al cinema.” “No no. Segui l’ordine dei capitoli da Episodio I a Episodio IX, come li ha concepiti Lucas”. Ci sarà di che divertirsi a spararsi la maratona dell'intera saga, tra l’altro.

Ok… sto divagando pesantemente. Torniamo al nostro Samuel L.
Che poi quanto può far figo quella L. piazzata in mezzo? Diciamocelo Samuel Jackson non ha lo stesso impatto. Come se il protagonista di “Ritorno al futuro” lo chiamassimo Michael Fox.
Mi piacerebbe partire dai film che rimarranno fuori da questa classifica, ma preferisco parlarne a fine post per lasciarvi un po’ di curiosità durante la lettura (ahah)
Finalmente partiamo col countdown:


5 - Sydney
Samuel L. Jackson al fianco di John C. Reilly
Anno 1996. "Sydney", in Italia, prende il suo titolo dal nome del protagonista: un ottimo Philip Baker Hall, questo attempato signore in giacca e cravatta che per qualche misterioso motivo avvicina lo sbandato John (John C. Reilly) e cerca di aiutarlo a farsi una vita felice, prima a Las Vegas e poi a Reno.
Il titolo originale del film è “Hard Eight” ed è la pellicola d’esordio nella carriera del regista Paul Thomas Anderson. Una carriera di tre lustri relativamente povera dal punto di vista quantitativo (6 film considerando anche “The Master”, presentato all’ultimo festival di Venezia) ma di notevole qualità.
Samuel L. Jackson ha un ruolo da non protagonista, Jimmy un amico di John C. Reilly, e il tempo sullo schermo non gioca certo a suo favore. Nonostante ciò Jackson è bravo ha rendere il suo personaggio importante all’interno del film, complice anche una buona scrittura da parte dello stesso regista.
La sua prima comparsa avviene a film inoltrato, dopo una ventina buona di minuti, quando al bar di un casinò John lo presenta al suo “mentore” Sydney. Tempo in scena di Jackson: circa 5 minuti. Quanto basta comunque peri farci un’idea di come sia Jimmy: un uomo volgare e che conosce bene come girano le cose da quelle parti, due aspetti che vengono fuori nel discorso sulle cameriere … è poi convincente nel confronto con il più anziano Sydney.
Dopo questa scena il suo personaggio sparisce per buona parte del film, 40-50 minuti, ma ricompare verso la conclusione per dare la scossa finale alla storia.
E’ infatti suo il merito di dare risposta a una domanda che con il procedere della vicenda si tende a lasciar passare in secondo piano e a rivelare la vera natura di Sydney.
La miglior scena di Jackson è ancora un confronto faccia a faccia con Philip Baker Hall, in una serie di dialoghi che sono di grande impatto. Se Hall continua ad essere granitico nella sua performance come lo è stato per tutta la durata del film, Jackson non è da meno nel tenergli testa e mostrare il viscido volto di Jimmy.

"You walk around like you're Mr. Cool, Mr. Wisdom... but you're not. You're just some old hood."
Un buon film, pur lontano dall’essere il migliore di PTA che mette comunque in evidenza un certo talento, con un ottimo Philip Baker Hall e una sceneggiatura ben sviluppata. Samuel L. Jackson ha poco spazio a disposizione, ma lo usa in maniera più che egregia regalando la seconda migliore interpretazione del film superando anche il co-protagonista John C. Reilly con un personaggio per cui sicuramente non faremo il tifo e illuminando lo schermo in quei 20-25 minuti in cui compare.


4 – Il Momento Di Uccidere

"Yes, they deserved to die and I hope they burn in hell!"
Alla quarta posizione troviamo un altro film datato 1996. “A Time To Kill” è una delle tante trasposizioni cinematografiche di un romanzo di John Grisham.
E chi ha anche vagamente presente avrà già intuito che si tratta di un così detto “legal thriller”.
Sinossi: in una piccola cittadina del Mississippi una coppia di uomini bianchi rapisce, picchia e stupra una bambina di colore di soli 10 anni lasciandola in fin di vita. I due vengono arrestati, ma quando stanno per essere portati in aula per essere processati il padre della bambina (Samuel L. Jackson) armato di fucile li uccide sotto gli occhi dei presenti. Seguirà il processo all’uomo che rischia la pena di morte, difeso da un avvocato (Matthew McConaughey) combattuto sulle decisioni da prendere.
Il film di Joel Schumacher è abbastanza interessante, nonostante la durata di quasi 2 ore e mezza in certi punti si faccia sentire, alcune trame secondarie non siano sviluppate benissimo e la parte che riguarda il Ku Klux Klan (sì, c’è pure il KKK. Per non farci mancare niente) raggiunga momenti fin troppo esagerati... si arriva alla lotta in pieno giorno davanti al tribunale con sta gente incappucciata fischiata da neri e cittadini ed appoggiata da gente munita di cartelli. Insomma ci sono tutti i cliché dei film sullo scontro razziale negli Stati del Sud. Anche se il punto di vista sul tema della pena di morte non è il classico che si può trovare in altri film.
Come detto Samuel L. Jackson è Carl Lee, il padre della bimba stuprata e l’imputato nel processo per omicidio.
Anche in questo caso Jackson non è il protagonista del film, che è McConaughey come avvocato (con relative vicende personali), ma a differenza di “Sydney” il suo ruolo è centrale e fondamentale per l’avanzamento della storia. E all’interno di un cast che si comporta bene ma senza eccellere è l’attore che spicca su tutti gli altri.
Nella sua prima scena è bravo nel momento in cui vede la figlia subito dopo il fattaccio, poi il suo primo guizzo avviene nello studio dell’avvocato dove parla a cuore aperto e fa intuire i suoi intenti di vendetta e giustizia personale dando maggiore importanza alla lotta dell’avvocato con la propria coscienza più avanti nel film.
La sequenza dell’omicidio non fa molto testo in quanto semplicemente arriva, spara e scappa, però nella seguente consegna alla giustizia Jackson fra trasparire bene il misto tra preoccupazione, per se e la famiglia, e dignità.
Per il resto del film fino al termine del processo l’attenzione si concentra maggiormente sul personaggio di McConaughey, le minacce ricevute, la ricerca di tesi difensive, lo scontro col KKK, le vicende dei personaggi comprimari, ecc. e rivedremo Carl Lee di tanto in tanto durante gli incontri in carcere con l’avvocato, in una toccante visita al poliziotto che aveva ferito durante l’omicidio o nelle fasi in aula del processo. Queste sono a mani basse le migliori parti del film e il merito non può che andare a Samuel L. Jackson, eccellente per tutte le sfaccettature del personaggio: quando teme per la situazione finanziaria della famiglia o ha paura per la sua pena di morte ma senza mai arrendersi ed anzi motivando il suo avvocato, convincendo lo stesso ad accettare la difesa, o quado nell’esporre il proprio punto di vista riguardo la differenza tra bianchi e neri si dimostra duro come pochi e in generale toccando sempre le corde giuste.
Uno dei casi in cui la riuscita di un film poggia moltissimo sulle spalle di uno dei personaggi “secondari”. Impeccabile.


3 – Jungle Fever

"Momma, you gotta help me out. I'm sick. In order for me to get right, I need money! "
Nel 1988, dopo alcuni ruoli minori a inizio carriera, Samuel L. Jackson partecipa per la prima volta a un film di Spike Lee con “Aule turbolente” (che non ho visto). Nell’89 da la voce al disc jockey radiofonico Mister Señor Love Daddy in uno dei suoi film di maggior successo: “Fa la cosa giusta". Due anni dopo, sempre sotto la direzione del regista newyorkese tifoso dei Knicks, Samuel L. Jackson “esplode” con l’interpretazione che lancia definitivamente la sua carriera e gli permette di vincere anche un riconoscimento creato appositamente per l’occasione al festival di Cannes.
Jungle Fever” è un film di per sé non particolarmente rilevante, in cui Lee affronta ancora una volta il tema dell’integrazione razziale concentrandosi in particolare sulle ripercussioni del rapporto sessuale tra un architetto nero sposato e di successo (Flipper/Wesley Snipes) con la sua segretaria, un’italoamericana di umili origini (Annabella Sciorra) che vive con il padre ultraconservatore ed è fidanzata con un uomo che non ama (Turturro).
Oltre a questa storia principale, che interessa fino a un certo punto, ce n’è una secondaria che coinvolge appunto Samuel L. Jackson. Il suo ruolo è quello di Gordon “Gator”, fratello maggiore di Flipper e tossicodipendente alla costante ricerca di denaro per le dosi di crack.
Pare che (leggasi “Su Wikipedia sta scritto che”) Spike Lee stesso avesse dichiarato che la parte riguardante i rapporti interraziali fosse un’esca per concentrare poi l’attenzione sulla situazione drammatica dei dipendenti dal crack, in particolare fra gli afroamericani, e le ripercussioni sulle famiglie.
Tenendo in considerazione anche questo si può effettivamente notare come il personaggio di Gator e il rapporto con i genitori (l’amorevole madre Ruby Dee e il padre Ossie Davis, un pastore battista che rinnega il suo stesso figlio) e il fratello Flipper siano le parti su cui il regista spinge maggiormente l’acceleratore. Anche quando la scena potrebbe risultare da commedia è impossibile guardare Jackson e non pensare alla sua condizione, mentre fa il suo balletto per la madre per farle tirare fuori i risparmi mentendole spudoratamente o mentre implora il fratello per il bisogno di un’altra dose. Jackson è spettacolare, sparisce dallo schermo lasciando solo il suo personaggio, con i suoi tic, l’aspetto e quello sguardo di disperazione.
Fin dalle prime scene la sua presenza è d’impatto e nonostante possa risultare simpatico in questi primi momenti non assistiamo a scene divertenti, anzi.
Man mano che lo rivediamo qua e là per il film la sua dipendenza traspare sempre più impietosa, fino alla scena al “Taj Mahal” (un grosso palazzo abbandonato ritrovo di centinaia di tossici, veramente esistente), dove Flipper girovagando fra i drogati e il fumo fitto come la nebbia trova Gator intento a farsi e qui Jackson è spaventoso, davvero.


Notevole poi anche nelle scene finali quando torna disperato a casa dei genitori, sempre alla ricerca di soldi, e diventa violento.
Certo è un’interpretazione ampiamente sopra le righe, ma era necessario per il personaggio ed è ottima proprio per questo. Il film meriterebbe una visione anche solo per Samuel L. Jackson.


2 – Jackie Brown
"You know man, I hate be the kind of nigger that do a nigger a favor and then Bam! hit the nigger up for a favor in return, but I gots to be that kinda nigger."
Jackie Brown” è la terza pellicola diretta da Quentin Tarantino nel 1997 che dopo i primi due acclamati film, “Le Iene” e “Pulp Fiction”, è alla prova del nove. Secondo alcuni non superata perché ampiamente non al livello dei predecessori. Adesso … va detto che il livello dei predecessori è davvero notevole, ma “Jackie Brown” è secondo me (e molti altri fortunatamente) il film più sottovalutato di Tarantino nonostante sia un altro lavoro eccellente.
Per la prima volta in questa Top5 ritroviamo Samuel L. Jackson in un ruolo da protagonista … sui generis, ma indubbiamente Lead, assieme alla protagonista femminile Pam Grier col personaggio titolare del nome in locandina.
Interpreta Ordell Robbie, un criminale di Los Angeles invischiato nel contrabbando di armi e nel traffico di droga.
Tra i suoi “dipendenti” c’è anche Jackie Brown che saltuariamente si occupa, grazie al suo impiego come hostess, di contrabbandare denaro dal Messico …
Senza star troppo a parlare della trama del film, che comunque vi consiglio di vedere se ancora vi manca, cerco di spiegare perché questo ruolo si merita la seconda posizione.
Intanto perché essendo il co-protagonista Jackson ha notevolmente più spazio e rilievo rispetto alle tre performance viste finora. Perché, e qui va dato merito a Tarantino, il suo personaggio è scritto da Dio: ci sono un sacco di dialoghi interessanti, anche quelli che sono sostanzialmente delle cazzate, come il discorso sulle armi con De Niro (il suo personaggio è semplicemente LOL) mentre se ne stanno seduti sul divano a guardare una cassetta: "Guardati l'AK-47, il meglio del meglio che ci sia sulla terra, quando senti il bisogno di fare piazza pulita una volta per tutte degli scarafaggi che ti circondano, non accettare imitazioni".  
Poi Jackson rende Ordell un personaggio molto sfaccettato, non è un genio e ce lo fa capire, ma sa pure il fatto suo, è un tipo carismatico e a tratti divertente e Jackson usa bene le battute, il modo di gesticolare, ecc. che si aggiungono al look particolare...
Ma, ed è qui che Jackson non commette errori, Ordell è un criminale. Nonostante le battute e il suo modo di fare particolare possano farlo dimenticare allo spettatore, Jackson ci rimette al nostro posto tirando fuori di prepotenza il suo lato cattivo. Basta pensare alla prima scena in cui compare: sempre seduto lì sul divano con De Niro parla tranquillamente di armi e soldi ridendo, suona il telefono, guarda la “sua ragazza” (Bridget Fonda) e le tira un’occhiataccia cattivissima per farla alzare. 


Una delle sue scene migliori è [ATTENZIONE SPOILER] quando va a trovare uno dei suoi scagnozzi appena uscito di prigione per ucciderlo. Arriva a casa sua e inizia a parlare come fosse il suo migliore amico, poi con un misto di carisma ed intimidazione lo convince ad accompagnarlo a una vendita di armi. Infine senza dire una parola Jackson tira fuori un’aria determinata di chi è pronto a fare tutto per salvaguardare i proprio interessi e con freddezza si appresta ad uccidere il ragazzo.
[OK FINE SPOILER]
Tutte queste caratteristiche vengono portate avanti per l’intero film senza mai mostrare il fianco e non mancano altre scene davvero ben recitate: il primo incontro con Max Cherry, il tentativo di agguato a Jackie che si trasforma in una “tranquilla” chiacchierata, i discorsi con De Niro o l’ultimo tesissimo confronto ancora con Cherry e poi con Jackie.
Samuel L. Jackson è sicuramente uno dei motivi della riuscita del film con un antagonista interessante ed eleva l’ottimo script mettendoci sicuramente del suo.
Queste caratteristiche che ritroviamo poi andando in cima al podio con …


1 – Pulp Fiction


Torna ancora l’accoppiata Samuel L.  Jackson-Tarantino, formatasi per questo film nel 1994.
Prendete buona parte delle caratteristiche elencate nel paragrafo precedente, “dialoghi ben scritti”, “criminale”, “carismatico e divertente”, “capacità di tirar fuori il lato duro”, ecc. e concentrateli in un ruolo da non protagonista (comunque con un buon minutaggio). Poi shakerate il tutto in un abito scuro con un pizzico di capelli afro ed ecco che ne viene fuori Jules Winnfield.
Una grande prova attoriale abbinata a un personaggio diventato iconico come il suo film spiegano la prima posizione.
Se non sapete di cosa sto parlando vuol dire che ancora non avete visto “Pulp Fiction”. Male, molto male. Perché una volta visto difficilmente vi dimenticherete di Samuel L. Jackson.
Prima comparsa seduto in macchina assieme a Vincent Vega (John Travolta, sempre rimanendo in tema di ruoli iconici). Senti parlare sti due tizi e a tutto si potrebbe pensare tranne che a due spietati killer, ma quello sono. Hai voglia a metterci i discorsi sul Royale with cheese, i massaggi ai piedi, l’Europa e gli hamburger hawaiani … quando arriva il momento di fare sul serio Jackson/Jules ci tira fuori, oltre alla pistola, una determinazione da Bad Motherfucker da farsela addosso. O da alzarsi in piedi a urlare “Dai cazzoooo”, vedete un po’ voi.
E il tutto diventa materia da citazione tra gli amici che, se anche non ti è rimasto impresso dal film, uno se lo va a rileggere su Wikiquote: “Dì cosa un’altra volta…”, “Mi chiamo Jerda…”, "ha l'aspetto di una puttana?" e l’immancabile “Ezechiele 25:17”. Applausi anche a Luca Ward che è semplicemente perfetto nel dare la voce a Jackson nel doppiaggio italiano, non facendo perdere la potenza che l’attore trasmette anche in originale.
Well, there's this passage I've got memorized, sorta fits the occasion. Ezekiel 25:17
Finita la scena, salvo una breve comparsata al locale del boss in mutande e maglietta, salutiamo Jules per un una bella fettona di film concentrandoci su Vincent, Mia e Marcellus Wallace (“ehi ragazzi stavo pensando a Marcellus.” Cit.) e Butch. Insomma il tempo vola via come fossimo al parco divertimenti.
Sarà passata … boh un’ora? Di più? … quando ritroviamo Jules e Vincent là dove li avevamo lasciati.
Cosa potrà regalarci ancora Samuel L. Jackson per stupirci dopo un inizio da adrenalina come quello a cui abbiamo assistito? Ringraziamo ancora Tarantino. Prima ci sta l’ideona della “rivelazione” che cambia le convinzioni del personaggio, ed il bello è che il cambiamento è reso credibile anche se è velocissimo. Una cosa che non è facile da fare in un film e lo stesso Jackson ne sa qualcosa – Flash Forward di una decina di anni in una galassia lontana lontana dove Mace Windu assiste al passaggio al Lato Oscuro di Anakin Skywalker e gli dice “Vafamocc! Avrei dovuto starmene chiuso al cesso”.
Poi Jules ci mette il lato divertente dovuto alla situazione in cui si trovano a casa di Jimmy e con Mr. Wolf.
Per concludere durante l’ultima parte alla tavola calda ruba la scena a tutti mostrando nuovamente il Jules-killer che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno e vuole portare a termine la sua missione, ma questa volta accostandogli il nuovo Jules “pacifico” che poco prima si è salvato per miracolo, andando così a chiudere il cerchio del cambiamento interiore.

Samuel L. Jackson buca lo schermo, è divertente ma anche autoritario, sfrutta in maniera eccezionale la sceneggiatura di Tarantino, ruba la scena agli altri attori quando è sullo schermo e al contempo ha un’intesa fantastica con John Travolta trovando sempre le reazioni giuste, fa un ottimo uso della voce e da vita a un personaggio che entra nell’immaginario collettivo, raggiungendo probabilmente l’apice della propria carriera, guadagnando anche la sua unica nomination agli Oscar come "attore non protagonista".


Bene. Ecco terminata anche questa personale Top5.
Samuel L. Jackson non è forse tra i miei attori preferiti, ma quelle che ho inserito sono tutte interpretazioni che mi hanno particolarmente colpito e che rendono bene l'idea delle sue doti recitative.
E' curioso, o forse no, il fatto che tutti e 5 i film siano degli anni '90 nel ristretto periodo tra il 1991 e il 1997. Che in 4 casi non sia l'attore protagonista e che in tutti il suo personaggio non è esattamente un "buono"... abbiamo nell'ordine un tizio volgare e ricattatore, un assassino che si è fatto giustizia da solo (per quanto poi lo si possa appoggiare), un tossicodipendente pronto a tutto e per concludere due criminali con le palle quadrate.
"Samuel, ci piaci anche come Nick Fury, ma quando eri te il Bad Guy eri anche meglio"

Andiamo a dare una passata veloce a qualche altro ruolo che ricordo di aver visto:
  • Nel filmone di Martin Scorsese del 1990, "Quei Bravi Ragazzi", Jackson ha una particina come autista durante un grosso colpa da parte dei mafiosi protagonisti. Poco da segnalare.
  • Altro piccolissimissimo ruolo criminale in "Una vita al massimo" (1993) diretto da Tony Scott ma scritto da Tarantino.
  • Sempre nel '93 ha un altra piccola parte nel classico "Jurassic Park". E' il responsabile dei sistemi informatici del parco... finche non diventa cibo per i velociraptor.
  • E' del 1995 una delle interpretazioni che fino all'ultimo se l'è giocata per il 5° posto. Sto parlando del personaggio di Zeus, co-protagonista con Bruce Willis dell'action Die Hard - Duri a morire. Uno dei miei film d'azione ad alto livello di testosterone preferiti e più che degno terzo capitolo della serie iniziata con "Trappola di cristallo".
  • Altra ottima prova quella ne "Il negoziatore" del '98 come protagonista indiscusso ed affiancato da Kevin Spacey.
  • Già accennato di Mace Windu in Star Wars.
  • Personaggio interessante quello di "Unbreakable - Il predestinato". Un uomo affetto da una malattia che rende le sue ossa fragili come il vetro. Film molto d'atmosfera da parte di Shyamalan, ma che non raggiunge il livello del precedente "Il sesto senso", sempre con Bruce Willis

Voi cosa ne pensate di questa classifica e di Samuel L. Jackson?
Non siate timidi e lasciate un commento qua sotto, senza impegno....



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