Che se fate
in tempo dovreste ancora trovarli nelle sale, se già non avete in programma di
andare a gustarvi Breaking Dawn (Parte 2 eh). Lo so che tu che stai leggendo non vedi l’ora di
guardarti l’ultimo capitolo della saga coi vampiri glitterati... magari sei pure
finito su questa pagina per colpa dei tag a tradimento. O forse no.
Il primo
film di cui si va a disquisire risale a 2 settimane fa. Trattasi di Argo,
l’ultimo film da regista di Ben Affleck.
Come avevo
scritto QUI era uno dei film che attendevo maggiormente tra le uscite di questi
mesi... e direi che l’attesa non è stata delusa. Affleck realizza un film a cui
è difficile trovare difetti oggettivi evidenti e che fila liscio come l’olio
nonostante l’idea di partenza potesse essere a rischio noiosità.
Ispirato a
una storia vera, licenze drammatiche a fini cinematografici a parte, il film
racconta gli antefatti e l’esecuzione di una missione della CIA avvenuta a
inizio degli anni ’80: durante la rivoluzione iraniana del 1979 l’ambasciata
statunitense a Teheran viene attaccata dai rivoltosi e più di 50 persone
vengono prese in ostaggio. Ma la missione segreta è indirizzata a riportare negli
USA un gruppo di 6 persone, riuscite a sfuggire alla rivolta e rifugiatisi a
casa dell’ambasciatore canadese, ma in quanto a piede libero per il paese
potenzialmente più a rischio di quanto non lo siano gli ostaggi stessi. Che per
la cronaca saranno rilasciati dopo 444 giorni.
Il film si
apre con un curioso prologo dove la voce narrante, con l’ausilio di disegni,
immagini animate e video di repertorio, ripercorre le principali vicende dello
Stato iraniano che hanno poi portato alla rivoluzione. Un breve riepilogo
storico sicuramente utile/indispensabile per approcciarsi alla visione, specie
per i molti che non ne masticano sull’argomento, me compreso.
Finito lo
spiegone assistiamo alla fuga dei sei membri dello staff dell’ambasciata (4
uomini e 2 donne) per poi fare la conoscenza col protagonista della pellicola,
Tony Mendez (lo stesso Ben Affleck), un agente CIA nel pieno di alcuni casini
nella vita privata.
L’intera
prima parte del film illustra la nascita e la preparazione della missione di
esfiltrazione. Come fare per entrare in Iran, raggiungere i sei fuggiaschi e
soprattutto farli uscire dal paese, il tutto senza perdite e senza creare un
incidente diplomatico nel mezzo di una situazione già infuocata?
Se lo
chiedono anche gli organizzatori, con tanto di idee più o meno impraticabili, e
Mendez tira fuori una proposta tanto assurda quanto interessante: mettere in
piedi una finta produzione cinematografica per un film di fantascienza che non
verrà mai girato, per richiedere un visto di ingresso in Iran e fare uscire le
persone come membri della produzione!
L’azione si
sposta a Los Angeles dove entrano in scena John Goodman, che interpreta il
truccatore John Chambers (vero vincitore di un Oscar per il lavoro per “Il
pianeta delle scimmie”), ed Alan Arkin nelle vesti di un eccentrico produttore
ormai al tramonto della carriera. Proprio grazie ai due attori, e ad una
sceneggiatura che non perde colpi, che questa sezione di Argo regge benissimo
nonostante i numerosi dialoghi e il ritmo non certo incalzante. Goodman fa il
solito buon lavoro mettendoci il faccione simpatico e l’umorismo, Arkin per
certi versi riprende alcune caratteristiche del personaggio interpretato in "Little Miss Sunshine", con una gran parlantina, umorismo tagliente e una
discreta dose di volgarità (“Argo vaffanculo”)… ed è bravissimo.
Finalmente
si giunge, a metà abbondante della durata, all’incontro tra Mendez e i 6 in
Iran. Il clima inizia a farsi più drammatico e teso e ci sono alcune scene
girate ottimamente per creare tensione (come la visita al bazar o il passaggio
in mezzo alla folla per strada).
Ancor più
che nella prima parte è qui che Affleck offre una buona prova anche davanti la
macchina da presa... certo non stiamo parlando di un’interpretazione memorabile
e gli stessi attori non protagonisti sono probabilmente migliori, oltre al già
citato Arkin il mio preferito è stato Bryan Cranston (il capo di Mendez alla CIA),
però riesce ad essere convincente e a trasmettere la condizione del personaggio
non solo grazie ai molti dialoghi, ma anche e soprattutto nei momenti di
silenzio. Sicuramente la sua migliore prova da attore che abbia visto finora.
Ma è
sicuramente nel suo ruolo da regista che ce lo ricorderemo per questo film,
perché negli ultimi 20-30 minuti ci tira fuori alcune sequenze di grandissimo
impatto.
L’atto
conclusivo della missione, la fuga dall’Iran, è un susseguirsi di tensione in
un climax perfetto dove tutto funziona alla grande. Bravi gli attori e la
regia, la colonna sonora adatta di Desplat e fondamentale il lavoro fatto in
fase di montaggio, dove il continuo alternarsi di scene tra l’Iran, la sede
della CIA (qui ancora grande Cranston) e Hollywood non fa che far salire la
pressione.
Insomma,
abbiamo: una storia interessante resa godibilissima da una sceneggiatura con
gli attributi, un cast che non regala nessuna prova d’eccellenza, ma
tante perfette per il contesto, montaggio di alto livello, un ritmo adatto alle
varie fasi del film, nessuna caduta di stile, non si spinge troppo sulla
retorica o su un’esaltazione all’americana (certo alla fine i “buoni” sono
loro, i protagonisti, ma non manca qualche frecciata alla politica statunitense). E’ notevole
poi la ricostruzione del periodo storico, dai vestiti alle acconciature, le
auto, ecc.
Come si può notare prima dei titoli di coda con il classico "Cosa è successo dopo..." in cui ci viene mostrata la rassomiglianza tra gli attori del film e le loro controparti reali.
Sempre
riguardo al periodo storico, mi è parso abbastanza evidente l’impronta data al
film che strizza l’occhio ad un certo tipo di cinema impegnato americano degli
anni ’70, tipo "Tutti gli uomini del presidente" o "I tre giorni del Condor".
Argo è anche
la prova di maturità dell’Affleck regista, che dimostra come i precedenti "Gone
Baby Gone" e "The Town" non fossero solo
dei casi fortunati. Forse abbiamo trovato un autore interessante. Inoltre se
prosegue con interpretazioni misurate come quest’ultima può anche limitare i danni
in veste da attore.
Film
sicuramente consigliato, in particolare a chi apprezza il genere. Ce lo
ritroveremo sicuramente protagonista durante la stagione dei premi all’inizio
dell’anno prossimo.
7
Psicopatici sono invece andato a vederlo al cinema la scorsa domenica.
L’interesse
per questo film, oltre ad un cast di bei nomi, era dovuto principalmente al
precedente lavoro del regista.
Martin
McDonagh, autore teatrale (di un certo successo anche, a quanto leggo) inglese
ma di radicate origini irlandesi, nel 2008 fa il suo ingresso nel mondo del
cinema con "In Bruges", uscito in Italia con il sottotitolo “La coscienza
dell’assassino”.
Ecco, a me "In Bruges" era piaciuto davvero un sacco. Una commedia, ma in cui non mancano
momenti drammatici, con un senso dello humor che potremmo definire un po’ nero,
con un’atmosfera “da fiaba”, una sceneggiatura notevole (pure nominata agli
Oscar) e delle prove maiuscole degli attori: il simpatico nano Jordan Prentice,
un Ralph Fiennes incazzatissimo e un duo di protagonisti con una chimica
perfetta formato dagli irlandesi Brendan Gleeson e Colin Farrell, qui alla sua
miglior prova recitativa. Ad essere sincero è un film che potrebbe sicuramente
non piacere a tutti, per varie ragioni, ma è uno dei miei preferiti del 2008.
A quattro
anni di distanza McDonagh torna con la sua seconda regia quindi sì, interesse
ne avevo.
Ancora più
che per “In Bruges” ho dovuto pensarci un po’ a mente fredda dalla visione per
farmi un’idea di quanto mi sia piaciuto 7 Psicopatici. Andiamo con ordine...
L’attore
protagonista è ancora lui, Colin Farrell - Piccola digressione: In questo post
sto parlando di due film con protagonisti rispettivamente Ben Affleck e Colin
Farrell, il che mi fa riaffiorare in mente che la scorsa settimana facendo
zapping in tivù avevo beccato su Italia 1 il film di “Daredevil”, dove Affleck
interpreta il cornetto in rosso della Marvel e Farrell è Bullseye (ammesso che quello dovesse essere Bullseye). Ammetto di
averne visto soltanto l’inizio (20 minuti? Mezz’ora?) ma direi che è stato
abbastanza... la prima scena d'azione girata ad cazzum o il "combattimento" al parco giochi tra Matt Murdock ed
Elektra BRRRR. Emmenomale che Devil è uno dei personaggi Marvel più cazzuti -
nella parte di uno sceneggiatore hollywoodiano di origini irlandesi (“Scrittore
ed irlandese. Sei condannato all’alcolismo”) alle prese con la stesura di una
sceneggiatura per un film che si chiama “7 psicopatici” e per cui non ha quasi
nessuna idea. Il nome del personaggio è, forse non a caso, Marty.
Immediata
associazione che mi è venuta in mente è con “Il ladro di orchidee” di Jonze, di
cui avevo brevemente parlato QUI.
La scena di
apertura fa già intuire un paio di cose: la prima è che ci aspettano un sacco
di dialoghi “particolari” (qualcuno direbbe che siamo dalle parti di
Tarantino), la seconda è che non mancherà una certa dose di violenza. OK direi
che si comincia bene.
Che poi chi
ha già visto “In Bruges” dovrebbe aver presente, anche se con 7 Psicopatici il
sangue e la violenza non vengono tenuti a lungo a bada come nel primo film, ma
sono maggiormente spalmati lungo tutta la durata.
Pian piano
facciamo la conoscenza dei tanti coloriti comprimari (sia quelli reali che
quelli presenti nelle storie raccontate dai personaggi). Su tutti il migliore
amico di Farrell, Billy, un Sam Rockwell molto molto sopra le righe,
Christopher Walken con personaggio determinato, intransigente ma sempre sotto
controllo come la sua interpretazione, Harrelson nel suo tipico ruolo da
schizzato e irascibile e una piccola parte per un Tom Waits magnetico mentre
racconta la sua storia... mentre accarezza un coniglio.
I ruoli
femminili (Cornish, Kurylenko, Sidibe) sono striminziti e quasi insignificanti...
tanto che ad un certo punto il regista stesso ci butta dentro un riferimento
carino durante un dialogo sui film scritti dal protagonista. Si salva giusto l’attrice che fa la moglie
di Walken, che riesce a tirar fuori qualche scena niente male.
Il motivo
scatenante delle varie disavventure dei nostri protagonisti è il rapimento da
parte di Rockwell del piccolo shitzu di Harrelson, sanguinario boss della
malavita...
Nel mezzo si
intrecciano le vicende dei personaggi, la storia vera e propria con i racconti
che andranno a creare la sceneggiatura (perché ovviamente in assenza di
idee lo scrittore andrà ad ispirarsi a quello che gli sta accadendo), la
verità con la finzione. Ad un certo punto – anche più di uno – ci si potrebbe
chiedere dove si voglia andare a parare, ma tutto sommato alla fine i nodi vengono
bene o male al pettine. "E' stratificato".
E quindi? Mi è piaciuto?
E quindi? Mi è piaciuto?
Così, a
mente fredda dico: Sì mi è piaciuto. Ho preferito "In Bruges", che è più compatto,
con una storia lineare, tutto sommato classica, e prove d’attori superiori.
Ma anche
questo 7 Psicopatici ha i suoi punti forti:
La trama è
sì lineare nel suo svolgimento, ma lascia molto più all’interpretazione e le
varie sotto-storie sono ben fatte, anche se può risultare un po' prolisso in alcuni frangenti. Come già accennato dalla prima scena i
dialoghi sono ben scritti.
Ci sono vari
momenti in cui la risata ci scappa, anche se non è un film comico. Le
situazioni sono notevolmente, e volutamente, esagerate. Pur non essendo un film
che punta sulla regia ci sono alcune scelte interessanti e il tutto è
realizzato con mestiere, diciamo che la provenienza teatrale di McDonagh si
nota.
Poi dai...
c’è la “scena finale” raccontata da Billy che è da morire. E personaggi come il
Jack di quadri, il prete vietnamita, gli ammazza-assassini o il quacchero.
Infine gli
attori fanno un buon lavoro: Colin Farrell non è ai livelli della sua
performance precedente, ma è comunque più che buono e le sue espressioni da
sole riescono a divertire; Walken mi è piaciuto abbastanza, anche se a tratti il
doppiaggio aveva un nonsochè di poco convincente, ed è quello che ci ha messo di
più in termini di drammaticità (il suo ultimo monologo è fantastico); Harrelson
divertente ma pure lui migliore in altre occasioni.
Per quanto
riguarda Rockwell... un mio amico appena finito il film mi fa “Rockwell troppo…
troppo!”. Già, è sicuramente un’interpretazione over the top per così dire, ma
dato come era scritto il personaggio ed il contesto in cui si trova era
necessario che lo fosse. Inoltre secondo me è stato bravo dati i presupposti
nel rendersi credibile. Spesso capita quando un attore ha per le mani un
personaggio simile di trovarsi davanti una prova monocorde, mentre Rockwell è
ottimo nel passare dal Billy volgare e iperattivo a quello completamente
schizzato, dall’amico che ci tiene davvero all’uomo implacabile nel mettere in
atto le sue azioni. Il mio preferito del mazzo, o magari sarò strano io boh.
In
conclusione promosso, seppur con qualche sbavatura dovuta probabilmente al
voler mettere troppa carne al fuoco su una griglia già bella carica.
Un’ultima
cosa: non lasciate la sala/spegnete la tv appena partono i titoli di coda, che
c’è anche un’ultima sorpresina.
Ben Affleck lo vogliamo solo DIETRO la telecamera!
RispondiEliminaThe Town mi era piaciuto molto, il tema di questo film non mi ispira molto, ma proverò, vediamo! :)
7 psicopatici lo guarderei solo per il nome, quindi sì, darò una possibilità anche a lui! :)
7 psicopatici è molto esagerato... quindi potrebbe piacerti :D
EliminaE poi c'è Tom Waits anche se in una piccola parte.
Così come Harry Dean Stanton (che non pronuncia una sola parola)