mercoledì 21 novembre 2012

La recensione: Argo / 7 Psicopatici

Rieccomi qua per  qualche commento non richiesto sugli ultimi due film visti al cinema.
Che se fate in tempo dovreste ancora trovarli nelle sale, se già non avete in programma di andare a gustarvi Breaking Dawn (Parte 2 eh). Lo so che tu che stai leggendo non vedi l’ora di guardarti l’ultimo capitolo della saga coi vampiri glitterati... magari sei pure finito su questa pagina per colpa dei tag a tradimento. O forse no.


Il primo film di cui si va a disquisire risale a 2 settimane fa. Trattasi di Argo, l’ultimo film da regista di Ben Affleck.
Come avevo scritto QUI era uno dei film che attendevo maggiormente tra le uscite di questi mesi... e direi che l’attesa non è stata delusa. Affleck realizza un film a cui è difficile trovare difetti oggettivi evidenti e che fila liscio come l’olio nonostante l’idea di partenza potesse essere a rischio noiosità.
Ispirato a una storia vera, licenze drammatiche a fini cinematografici a parte, il film racconta gli antefatti e l’esecuzione di una missione della CIA avvenuta a inizio degli anni ’80: durante la rivoluzione iraniana del 1979 l’ambasciata statunitense a Teheran viene attaccata dai rivoltosi e più di 50 persone vengono prese in ostaggio. Ma la missione segreta è indirizzata a riportare negli USA un gruppo di 6 persone, riuscite a sfuggire alla rivolta e rifugiatisi a casa dell’ambasciatore canadese, ma in quanto a piede libero per il paese potenzialmente più a rischio di quanto non lo siano gli ostaggi stessi. Che per la cronaca saranno rilasciati dopo 444 giorni.

Il film si apre con un curioso prologo dove la voce narrante, con l’ausilio di disegni, immagini animate e video di repertorio, ripercorre le principali vicende dello Stato iraniano che hanno poi portato alla rivoluzione. Un breve riepilogo storico sicuramente utile/indispensabile per approcciarsi alla visione, specie per i molti che non ne masticano sull’argomento, me compreso.
Finito lo spiegone assistiamo alla fuga dei sei membri dello staff dell’ambasciata (4 uomini e 2 donne) per poi fare la conoscenza col protagonista della pellicola, Tony Mendez (lo stesso Ben Affleck), un agente CIA nel pieno di alcuni casini nella vita privata.
L’intera prima parte del film illustra la nascita e la preparazione della missione di esfiltrazione. Come fare per entrare in Iran, raggiungere i sei fuggiaschi e soprattutto farli uscire dal paese, il tutto senza perdite e senza creare un incidente diplomatico nel mezzo di una situazione già infuocata?
Se lo chiedono anche gli organizzatori, con tanto di idee più o meno impraticabili, e Mendez tira fuori una proposta tanto assurda quanto interessante: mettere in piedi una finta produzione cinematografica per un film di fantascienza che non verrà mai girato, per richiedere un visto di ingresso in Iran e fare uscire le persone come membri della produzione!
L’azione si sposta a Los Angeles dove entrano in scena John Goodman, che interpreta il truccatore John Chambers (vero vincitore di un Oscar per il lavoro per “Il pianeta delle scimmie”), ed Alan Arkin nelle vesti di un eccentrico produttore ormai al tramonto della carriera. Proprio grazie ai due attori, e ad una sceneggiatura che non perde colpi, che questa sezione di Argo regge benissimo nonostante i numerosi dialoghi e il ritmo non certo incalzante. Goodman fa il solito buon lavoro mettendoci il faccione simpatico e l’umorismo, Arkin per certi versi riprende alcune caratteristiche del personaggio interpretato in "Little Miss Sunshine", con una gran parlantina, umorismo tagliente e una discreta dose di volgarità (“Argo vaffanculo”)… ed è bravissimo.
Finalmente si giunge, a metà abbondante della durata, all’incontro tra Mendez e i 6 in Iran. Il clima inizia a farsi più drammatico e teso e ci sono alcune scene girate ottimamente per creare tensione (come la visita al bazar o il passaggio in mezzo alla folla per strada).
Ancor più che nella prima parte è qui che Affleck offre una buona prova anche davanti la macchina da presa... certo non stiamo parlando di un’interpretazione memorabile e gli stessi attori non protagonisti sono probabilmente migliori, oltre al già citato Arkin il mio preferito è stato Bryan Cranston (il capo di Mendez alla CIA), però riesce ad essere convincente e a trasmettere la condizione del personaggio non solo grazie ai molti dialoghi, ma anche e soprattutto nei momenti di silenzio. Sicuramente la sua migliore prova da attore che abbia visto finora.


Ma è sicuramente nel suo ruolo da regista che ce lo ricorderemo per questo film, perché negli ultimi 20-30 minuti ci tira fuori alcune sequenze di grandissimo impatto.
L’atto conclusivo della missione, la fuga dall’Iran, è un susseguirsi di tensione in un climax perfetto dove tutto funziona alla grande. Bravi gli attori e la regia, la colonna sonora adatta di Desplat e fondamentale il lavoro fatto in fase di montaggio, dove il continuo alternarsi di scene tra l’Iran, la sede della CIA (qui ancora grande Cranston) e Hollywood non fa che far salire la pressione.
Insomma, abbiamo: una storia interessante resa godibilissima da una sceneggiatura con gli attributi, un cast che non regala nessuna prova d’eccellenza, ma tante perfette per il contesto, montaggio di alto livello, un ritmo adatto alle varie fasi del film, nessuna caduta di stile, non si spinge troppo sulla retorica o su un’esaltazione all’americana (certo alla fine i “buoni” sono loro, i protagonisti, ma non manca qualche frecciata alla politica statunitense). E’ notevole poi la ricostruzione del periodo storico, dai vestiti alle acconciature, le auto, ecc.
Come si può notare prima dei titoli di coda con il classico "Cosa è successo dopo..." in cui ci viene mostrata la rassomiglianza tra gli attori del film e le loro controparti reali.
Sempre riguardo al periodo storico, mi è parso abbastanza evidente l’impronta data al film che strizza l’occhio ad un certo tipo di cinema impegnato americano degli anni ’70, tipo "Tutti gli uomini del presidente" o "I tre giorni del Condor".
Argo è anche la prova di maturità dell’Affleck regista, che dimostra come i precedenti "Gone Baby Gone" e "The Town"  non fossero solo dei casi fortunati. Forse abbiamo trovato un autore interessante. Inoltre se prosegue con interpretazioni misurate come quest’ultima può anche limitare i danni in veste da attore.
Film sicuramente consigliato, in particolare a chi apprezza il genere. Ce lo ritroveremo sicuramente protagonista durante la stagione dei premi all’inizio dell’anno prossimo.



7 Psicopatici sono invece andato a vederlo al cinema la scorsa domenica.
L’interesse per questo film, oltre ad un cast di bei nomi, era dovuto principalmente al precedente lavoro del regista.
Martin McDonagh, autore teatrale (di un certo successo anche, a quanto leggo) inglese ma di radicate origini irlandesi, nel 2008 fa il suo ingresso nel mondo del cinema con "In Bruges", uscito in Italia con il sottotitolo “La coscienza dell’assassino”.
Ecco, a me "In Bruges" era piaciuto davvero un sacco. Una commedia, ma in cui non mancano momenti drammatici, con un senso dello humor che potremmo definire un po’ nero, con un’atmosfera “da fiaba”, una sceneggiatura notevole (pure nominata agli Oscar) e delle prove maiuscole degli attori: il simpatico nano Jordan Prentice, un Ralph Fiennes incazzatissimo e un duo di protagonisti con una chimica perfetta formato dagli irlandesi Brendan Gleeson e Colin Farrell, qui alla sua miglior prova recitativa. Ad essere sincero è un film che potrebbe sicuramente non piacere a tutti, per varie ragioni, ma è uno dei miei preferiti del 2008.
A quattro anni di distanza McDonagh torna con la sua seconda regia quindi sì, interesse ne avevo.
Ancora più che per “In Bruges” ho dovuto pensarci un po’ a mente fredda dalla visione per farmi un’idea di quanto mi sia piaciuto 7 Psicopatici. Andiamo con ordine...
L’attore protagonista è ancora lui, Colin Farrell - Piccola digressione: In questo post sto parlando di due film con protagonisti rispettivamente Ben Affleck e Colin Farrell, il che mi fa riaffiorare in mente che la scorsa settimana facendo zapping in tivù avevo beccato su Italia 1 il film di “Daredevil”, dove Affleck interpreta il cornetto in rosso della Marvel e Farrell è Bullseye (ammesso che quello dovesse essere Bullseye). Ammetto di averne visto soltanto l’inizio (20 minuti? Mezz’ora?) ma direi che è stato abbastanza... la prima scena d'azione girata ad cazzum o il "combattimento" al parco giochi tra Matt Murdock ed Elektra BRRRR. Emmenomale che Devil è uno dei personaggi Marvel più cazzuti - nella parte di uno sceneggiatore hollywoodiano di origini irlandesi (“Scrittore ed irlandese. Sei condannato all’alcolismo”) alle prese con la stesura di una sceneggiatura per un film che si chiama “7 psicopatici” e per cui non ha quasi nessuna idea. Il nome del personaggio è, forse non a caso, Marty.
Immediata associazione che mi è venuta in mente è con “Il ladro di orchidee” di Jonze, di cui avevo brevemente parlato QUI.
La scena di apertura fa già intuire un paio di cose: la prima è che ci aspettano un sacco di dialoghi “particolari” (qualcuno direbbe che siamo dalle parti di Tarantino), la seconda è che non mancherà una certa dose di violenza. OK direi che si comincia bene.
Che poi chi ha già visto “In Bruges” dovrebbe aver presente, anche se con 7 Psicopatici il sangue e la violenza non vengono tenuti a lungo a bada come nel primo film, ma sono maggiormente spalmati lungo tutta la durata.
Pian piano facciamo la conoscenza dei tanti coloriti comprimari (sia quelli reali che quelli presenti nelle storie raccontate dai personaggi). Su tutti il migliore amico di Farrell, Billy, un Sam Rockwell molto molto sopra le righe, Christopher Walken con personaggio determinato, intransigente ma sempre sotto controllo come la sua interpretazione, Harrelson nel suo tipico ruolo da schizzato e irascibile e una piccola parte per un Tom Waits magnetico mentre racconta la sua storia... mentre accarezza un coniglio.
I ruoli femminili (Cornish, Kurylenko, Sidibe) sono striminziti e quasi insignificanti... tanto che ad un certo punto il regista stesso ci butta dentro un riferimento carino durante un dialogo sui film scritti dal protagonista. Si salva giusto l’attrice che fa la moglie di Walken, che riesce a tirar fuori qualche scena niente male.
Il motivo scatenante delle varie disavventure dei nostri protagonisti è il rapimento da parte di Rockwell del piccolo shitzu di Harrelson, sanguinario boss della malavita...
Nel mezzo si intrecciano le vicende dei personaggi, la storia vera e propria con i racconti che andranno a creare la sceneggiatura (perché ovviamente in assenza di idee lo scrittore andrà ad ispirarsi a quello che gli sta accadendo), la verità con la finzione. Ad un certo punto – anche più di uno – ci si potrebbe chiedere dove si voglia andare a parare, ma tutto sommato alla fine i nodi vengono bene o male al pettine. "E' stratificato".


E quindi? Mi è piaciuto?
Così, a mente fredda dico: Sì mi è piaciuto. Ho preferito "In Bruges", che è più compatto, con una storia lineare, tutto sommato classica, e prove d’attori superiori.
Ma anche questo 7 Psicopatici ha i suoi punti forti:
La trama è sì lineare nel suo svolgimento, ma lascia molto più all’interpretazione e le varie sotto-storie sono ben fatte, anche se può risultare un po' prolisso in alcuni frangenti. Come già accennato dalla prima scena i dialoghi sono ben scritti.
Ci sono vari momenti in cui la risata ci scappa, anche se non è un film comico. Le situazioni sono notevolmente, e volutamente, esagerate. Pur non essendo un film che punta sulla regia ci sono alcune scelte interessanti e il tutto è realizzato con mestiere, diciamo che la provenienza teatrale di McDonagh si nota.
Poi dai... c’è la “scena finale” raccontata da Billy che è da morire. E personaggi come il Jack di quadri, il prete vietnamita, gli ammazza-assassini o il quacchero.
Infine gli attori fanno un buon lavoro: Colin Farrell non è ai livelli della sua performance precedente, ma è comunque più che buono e le sue espressioni da sole riescono a divertire; Walken mi è piaciuto abbastanza, anche se a tratti il doppiaggio aveva un nonsochè di poco convincente, ed è quello che ci ha messo di più in termini di drammaticità (il suo ultimo monologo è fantastico); Harrelson divertente ma pure lui migliore in altre occasioni.
Per quanto riguarda Rockwell... un mio amico appena finito il film mi fa “Rockwell troppo… troppo!”. Già, è sicuramente un’interpretazione over the top per così dire, ma dato come era scritto il personaggio ed il contesto in cui si trova era necessario che lo fosse. Inoltre secondo me è stato bravo dati i presupposti nel rendersi credibile. Spesso capita quando un attore ha per le mani un personaggio simile di trovarsi davanti una prova monocorde, mentre Rockwell è ottimo nel passare dal Billy volgare e iperattivo a quello completamente schizzato, dall’amico che ci tiene davvero all’uomo implacabile nel mettere in atto le sue azioni. Il mio preferito del mazzo, o magari sarò strano io boh.
In conclusione promosso, seppur con qualche sbavatura dovuta probabilmente al voler mettere troppa carne al fuoco su una griglia già bella carica.

Un’ultima cosa: non lasciate la sala/spegnete la tv appena partono i titoli di coda, che c’è anche un’ultima sorpresina.

2 commenti:

  1. Ben Affleck lo vogliamo solo DIETRO la telecamera!

    The Town mi era piaciuto molto, il tema di questo film non mi ispira molto, ma proverò, vediamo! :)

    7 psicopatici lo guarderei solo per il nome, quindi sì, darò una possibilità anche a lui! :)

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    1. 7 psicopatici è molto esagerato... quindi potrebbe piacerti :D
      E poi c'è Tom Waits anche se in una piccola parte.
      Così come Harry Dean Stanton (che non pronuncia una sola parola)

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